Ieri sera ero stanco.
Molto stanco.
E non avevo voglia di cucinare.
Per dirla tutta, nessuna voglia.
Così, sono andato al ristorante.
Da solo…
…è un’esperienza particolare, mangiare al ristorante, da soli.
Ci hai mai provato?
No? Davvero? Allora dovresti, è un’esperienza da provare.
Sei in mezzo a tanti, ma sei soprattutto con te stesso.
E ieri, in mezzo a tanti, ma con me stesso, avevo fame.
Tanta fame.
E, soprattutto, mangiavo di gusto.
Con molto gusto.
Da solo, al mio tavolo, portavo i bocconi alla bocca, uno dopo l’altro, con grandissimo gusto e piuttosto compiaciuto.
Ma essendo da solo, finivo per guardarmi intorno. Volgevo lo sguardo verso gli altri tavoli, dai quali i commensali mi guardavano, a loro volta.
Ed è stato proprio in quel preciso istante, e il fatto di essere sottoposto a quegli sguardi, che mi ha fatto venire in mente la mia nonna materna.
Diceva una cosa particolare, che mi ha sempre colpito.
Che si sentiva soddisfatta a vedermi mangiare.
Proprio così.
Per la mia nonnina, vedere me, bambino, che mangiavo di gusto, era proprio una soddisfazione immensa.
Forse, perché era lei a cucinare.
E il “gusto” che vedeva riflesso sul mio viso, era la conferma che ripagava i suoi sforzi.
Forse, perché aveva patito la fame durante la guerra e conosceva, più di ognuno di noi, il valore di un pasto caldo, fumante sulla tavola.
Forse, ancor, per qualcosa che non posso comprendere in nessun modo, un qualcosa che ha a che fare con la bellezza di vedere il figlio di tua figlia, di fronte a te, fare una qualsiasi cosa.
Quei piccoli ed enormi fatti della vita, tanto ovvi quanto miracolosi.
E adesso rovinerò la poesia, perché a me, un pochino, o forse anche un bel po’, la mia nonnina che mi guardava mentre mangiavo, dava fastidio.
Sì, lo ricalco anche in grassetto, non col senno di adesso, è il bambino infastidito di allora che mi ha suggerito di farlo.
Diciamo pure che quello sguardo fisso su di me, allora, proprio non lo sopportavo.
Al posto di mangiare, a sua volta, si metteva proprio lì, in piedi di fronte a me, le solide braccia da massaia conserte, e mi fissava. E rideva.
Nella mia mente, quella scena assumeva la valenza di una sorta di esame: adesso valutiamo come mangi, eeeeeh?
“E dai, Nonna!” – sbottavo – “Mi lasci mangiare tranquillo?”
“Eh, ‘ninìn” – rispondeva con un sospiro – “ma sei così bello mentre mangi!”
Mi dava cosi tanto fastidio allora…
…un fastidio lungo…sì…come la scia di questa lacrima che, adesso, non riesco a trattenere, e che mi sta solcando il viso, mentre ripenso alla dolcezza infinita di quella scena.
Comunque, a quel tempo, io le dicevo di smetterla, ecco.
E lei non smetteva.
Ogni intimazione da parte mia, otteneva per tutta risposta un’espressione sempre più soddisfatta.
Ecco, dopo tanti anni, proprio così mi sono sentito, ieri sera, mentre mangiavo di gusto, in quel ristorante: soddisfatto.
Ma anche pieno di commozione e gioia, per questo il ricordo inatteso di questa storia, una memoria riemersa forse solo per questa ragione, caro lettore e cara lettrice, per il gusto di essere raccontata e condivisa.
E continuare, così, ad esistere.
Ciao nonna cara, grazie.
Vi abbraccio
Elvio
Dolcissimo questo commento Elvio. Ho provato una tenerezza infinita e un tuffo al cuore. Ho appena perso la mia dolcissima mamma, e uno dei nostri ultimi ricordi insieme, nonostante stesse perdendo la memoria, era ricordare mio figlio, il suo “piccolo” e amato nipote, guardare divorare il pranzo domenicale che lei preparava con tanto amore.
Grazie di cuore!
Grazie di cuore a te per questa bella testimonianza e tanta luce a tua mamma per il suo cammino nel grande oceano che la attende…