C’è una magia, nella vita, o meglio: una capacità di manifestare la nostra versione più luminosa, e quella di attivare, intorno a noi, le situazioni più luminose che abbiamo mai immaginato.
Scopo di questo racconto, caro lettore, o lettrice, è proprio parlarti di questo aspetto.
Ma facciamo, prima, un piccolo riassunto.
Nella prima puntata, ti ho raccontato un incontro, e ti ho raccontato anche come mi innamorai in seguito a questo incontro, e di come mi ritrovai a vivere per 2 anni in Colombia, in seguito a questo innamoramento.
Se ti sei perso la prima puntata, la trovi qui:
La magia e il mistero della vita
Molto bene, e ora proseguiamo.
Dove eravamo rimasti?
Ah sì, eravamo rimasti alla scena in cui io, travolgendo coinquilini e qualsiasi cosa incontrassi lungo il cammino, mi precipitavo fluttuando giù per la tromba delle scale, uscivo nel giardino retrostante e, afferrato saldamente il manubrio della poderosa Legnano di Jean Paul, mi dirigevo verso la stazione di Bologna.
Svolto l’angolo di Porta Mazzini, prendo la ciclabile.
Mi dirigo verso Porta San Vitale.
Il semaforo è rosso. L’attesa è insostenibile. Viene il verde. Via verso Porta San Donato. Poi Mascarella. Ed ecco che iniziamo ad avvicinarci: l’autostazione, sulla sinistra. Via indipendenza. E, infine, eccola, la Stazione Centrale.
Entro e, con un misto di fervore, timore ed entusiasmo, mi dirigo verso il binario.
Eccola che scende. Caspita, è veramente bella – penso – e lo è ancora di più di come sembrava dalle foto su Facebook. Mi avvicino sorridendo, ma sono in realtà tremendamente imbarazzato. Lei pure.
Ha una valigia che assomiglia, più o meno, come proporzioni, al Monte Bianco, o giù di lì. Avevo pensato al Rosa, o al Cervino, ma non sarebbero stati abbastanza imponenti.
E l’Everest?
Ma no, dai, l’Everest sarebbe stato decisamente eccessivo. Il K2 pure. E il Nanga Parbat?
Mmm, no, troppe avventure spiacevoli sul Nanga Parbat. La sua valigia era sicuramente impegnativa, ma non così tanto.
E poi, insomma, cosa ha il Monte Bianco che non va? Devo per forza scegliere un’altra montagna?
No, Elvio, non devi scegliere un’altra montagna, devi solo esser consapevole di una cosa: stai divagando.
Sì, hai ragione, coscienza mia. Sto divagando, ma per una buona ragione. La ragione è che mi basta ricordare, evocare, quei momenti, per emozionarmi tremendamente.
E non è un caso che dico “tremendamente”.
Perché in spagnolo “tremendo” non ha lo stesso significato che ha nella nostra lingua. Quando una cosa è “tremenda”, è forte, grande, incredibile, ma senza accezioni negative.
Ciò che è negativo, perde questa sua qualità, ma mantiene la propria “potenza“.
E sai perché te lo dico?
Perché iniziare a ragionare in spagnolo, negli anni in cui vissi in Colombia, mi portò proprio a fare questo “switch”. Uno switch da cui è nato il blog su cui ti trovi, e la verità è che nacque proprio in quel preciso istante.
Ma adesso torniamoci, a quell’istante.
Le sorrido. Anche lei sorride. Siamo tremendamente – e ora sai perché lo scrivo – imbarazzati. Decidiamo di lasciare la valigia al deposito bagagli. E di prendere un caffè.
Ma ci sono solo quaranta minuti prima del prossimo treno.
Poi lei dovrà partire e, magari, non la vedrò mai più.
Forse o, magari, anche no.
La magia delle Ferrovie Italiane
Tutti a lamentarsi dei ritardi dei treni. Tutti eh? Bravi, bravi, lamentatevi.
E, invece, sapete cosa vi dico? Io sono a favore del ritardo dei treni.
I treni non devono arrivare puntuali.
Abbasso la puntualità, viva il ritardo!
Ma sai perché?
Perché il ritardo di un treno ha cambiato la mia vita per sempre.
Ebbene sì: lasciamo la valigia, e osserviamo il tabellone, per capire a che binario sarebbe partito l’Intercity per Bari. Il binario non me lo ricordo. Però ricordo bene cosa recitava la casellina a destra.
180 minuti di ritardo.
Pensa che genie (plurale femminile di genio) le Anime.
Pensa, infatti, le nostre anime, quante altre anime avranno contattato: controllori, capotreni, macchinisti, ferrovieri, tutti uniti allegramente per provocare quel ritardo.
Tre ore di ritardo, che mi avrebbero portato a vivere per due anni in Colombia, e a vivere, nella foresta vergine dell’Amazzonia colombiana, ai confini col Brasile, l’esperienza più bella e intensa di tutta la mia vita.
Pizza a Colazione
Avevamo, insomma, tre ore di tempo, prima che il fatidico treno arrivasse a Bologna. Camminiamo per via Indipendenza, via Irnerio, Centotrecento, approdiamo in via Belle Arti.
Quindi, andiamo a fare colazione e io ordino una pizza.
Ma no, aspetta, non una Margherita, e nemmeno una Capricciosa, una di quelle pizzette di pasta sfoglia che si trovano nei bar o nelle pasticcerie.
Fatto sta, che a lei questa cosa fa ridere tantissimo.
E qui faccio una prima scoperta. Anzi, in realtà, ero già stato in sud America, qiuindi mi ricordo di una scoperta che avevo fatto. Cioè, che noi italiani, li facciamo ridere tantissimo.
Per una qualche ragione, che capii solo dopo aver sorvolato l’Atlantico, risultiamo veramente spassosi. A me questa cosa, ad essere sincero, non dispiaceva.
Mi piaceva il suo sorriso, mi piaceva come mi guardava. E mi piacevano i discorsi che facevamo. Parlammo di De André, delle sue canzoni, dei significati più o meno nascosti nei suoi brani.
Avevamo la sensazione, e credo proprio di parlare per tutti e due, di conoscerci da sempre.
Esistono anime destinate a incontrarsi? Beh, credo proprio di sì, ma di questo parleremo tra un attimo. Ora seguimi caro lettore, o lettrice, perché arriva un dilemma che dobbiamo affrontare insieme.
Baciare o non baciare?
Finita la pizza, e anche l’immancabile caffè, abbandoniamo via delle Belle Arti, e iniziamo a vagare per la città. Ed ecco che si presenta l’amletico dubbio che vedi inciso, scalfito a caratteri indelebili, proprio qui sopra.
E, anzi, anche qui sotto:
baciarla o non baciarla?
Vediamo di ricostruire le rispettive posizioni.
Tra le ragioni del no, c’era più o meno questo: non la conosci, lei non ti conosce, e se poi pensa che sei “affrettato”, che vuoi “giungere al dunque subito?”, che sei troppo frettoloso?
In realtà, beh, dopo aver vissuto in Colombia, direi che questo genere di dubbi sono più tipici della nostra cultura, che non della loro, ma c’era dell’altro. Mi preoccupavo anche per me.
Caspita, mi piaceva. Questo era il vero problema.
Ed era un problema grande e grave, perché lei, prima o poi, sarebbe tornata in Colombia, dall’altra parte del mondo, a ore e ore di distanza d’aereo, ad almeno sei ore e seicento euro andata e ritorno di biglietto.
E io? Che avrei fatto? Sarei rimasto lì, a struggermi per la mancanza?
Forse era meglio lasciarla andare.
Essere grato, felice di averla incontrata.
E godere delle meraviglie della vita, senza però infilarmi in situazioni difficili da gestire.
Già, questa era un’opportunità.
Ma l’avrò colta questa opportunità?
O, magari, alla fine, mi sarò ritrovato a fare tutto il contrario?
Te lo racconterò, ormai, nella terza puntata di questo lungo Spiraglio.
FINE SECONDA PARTE
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E nel frattempo, comunque, la terza parte è uscita e la trovi qui:
La Magia e il Mistero della Vita – Terza Puntata
Un abbraccio pieno di spiragli di luce.
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