Caro amico e amica,
in questo nuovo Spiraglio vorrei parlarti nuovamente di un argomento a dir poco imprescindibile: cambiare vita.
Se mi segui da un po’, in realtà, sai che di questo argomento, qui su Spiragli di Luce, me ne occupo da tantissimi anni.
Da molto prima che, a livello globale, qualcosa iniziasse a cambiare.
La pandemia, infatti, ha reso consapevoli sempre più persone della necessità di un cambiamento.
La nuvola all’orizzonte, per tanti, si è trasformata in temporale e, per qualcuno, in bufera: segno che il tempo di cambiare è ormai arrivato.
Ma cosa intendo per “cambiare”?
Ci sono vari tipi di cambiamento che abbiamo bisogno di fare, ma oggi voglio parlarti di chi sta pensando di cambiare lavoro.
Ma perché – fra tutti i tipi di cambiamento – parto proprio dal lavoro?
La prima ragione – e spero non ti deluderà per la sua “semplice banalità” – è che da qualche punto bisognerà pur iniziare ?
Una ragione più seria, invece, la possiamo trovare nel fatto che il lavoro occupa una quota di tempo/energia veramente enorme nella società contemporanea.
Da questa semplice constatazione discende un fatto che definirei fondamentale e, cioè, che:
cambiare lavoro equivale, in buona e ottima misura, a cambiare radicalmente la propria vita
Anche perché il lavoro che svolgi, in realtà, non occupa solamente il tempo ma, attraverso le relazioni che crei, e la soddisfazione che ti dà – o che ti “viene negata – influisce su tantissimi altri aspetti del vivere.
Ma proseguiamo con calma, perché a questo voglio arrivare tra un attimo.
Prima di proseguire ho un enunciato fondamentale – che riguarda il vivere e il lavorare, di cui ti vorrei parlare.
E per metterlo bene bene in evidenza, lo imposterò come titolo del prossimo paragrafo. Sei pronto? O pronta?
Eccolo qui ??
Il lavoro che svolgi dipende, essenzialmente, da chi sei.
Proprio così: nessuno si trova “a caso” a svolgere un determinato lavoro.
Esso è sempre una conseguenza di chi siamo.
Dal tuo modo di pensare e sentire (e, quindi, di essere) dipendono i tuoi valori, e da questi dipendono le tue scelte.
Sono state, sono e saranno proprio queste ultime, infatti – unite alla capacità e alla possibilità stessa di scegliere – che ti troverai a svolgere una professione piuttosto che un’altra
Alcuni “miti” sul mondo del lavoro
Perché la pandemia ha spinto, così tante persone, a cambiare lavoro?
Ti condiferò una cosa, mio caro lettore e lettrice: non ho ancora le idee completamente chiare a questo riguardo. Ti rendo partecipe, però, delle prime conclusioni a cui sono giunto.
Primo: perché hanno avuto modo di fermarsi.
Sembrerà scontato, sembrerà banale, ma finché non ti fermi, e fermarti ti dà l’opportunità di guardare le cose dall’esterno, non ti puoi rendere conto se qualcosa non funziona.
La vita, prima della pandemia, si era trasformata – per tanti – in una continua corsa, colma di affanno, ma priva di significati.
Una costante e interminabile maratona che rimbalzava le persone da un appuntamento a un altro, dall’impegno precedente al successivo, continuamente, senza sosta.
Senza sosta e, quindi, senza possibilità di riflettere.
E se non ti fermi a riflettere, non puoi neanche fermarti a porti alcune domande.
Ad esempio:
Sono felice della vita che faccio?
E perché, poi, faccio la vita che faccio?
E se non lo so, o se non sono felice, o se non lo e non sono felice: esistono alternative?
Personalmente ho iniziato a pormi queste domande molto molto presto.
Già da adolescente, complice il mio Sole in Xª (non tornerò, adesso, sul significato di questa espressione, ma se vuoi scoprirla ne parlo qui) ero solito pormi domande sulla vita, domande che andavano anche oltre rispetto a quelle che vedi qui sopra.
Perché sono qui?
Qual è lo scopo dell’essere qui?
Sono sicuro che uno scopo ci sia?
Poi scendevo (o, per lo meno, ci provavo) coi piedi per terra e mi chiedevo cose tipo: sì, ma cosa posso fare nella vita?
Pormi domande su domande, in effetti, non servì a farmi imbroccare la strada giusta perché, come forse saprai, mi ritrovai a studiare qualcosa che mi interessava veramente poco.
Cioè, ingegneria.
Anche su questo non torno adesso ma, se vuoi sapere come andò quella storia, ti suggerisco di leggere lo Spiraglio che ti “linko” qui sotto. Si chiama:
Via la maschera! Il mio cambiamento.
Ma torniamo alla pandemia.
Sennò ti faccio perdere il filo e, soprattutto, lo perdo io ?
Per tante persone – dicevamo – la “reclusione” a casa è stata un’occasione per mettere in pausa la giostra della propria vita.
La pausa ha dato la possibilità (che, in realtà, già esisteva, ma attendeva una causa apparentemente esterna per manifestarsi) di mettere in discussione lo stile di vita di prima.
Qualcuno ha messo in discussione il ritmo.
Qualun altro il modo.
Lavorare 6 giorni su 7 dedicando al lavoro – spostamenti inclusi – un qualcosa come 8 – 10 – 12 ore ogni giorno, fino a quel momento, era stato un imperativo e una regola.
Rallentare, e fermarsi, ha generato una conseguenza inattesa: la comprensione che quello non fosse un modo umano di vivere.
C’è, inoltre, chi ha iniziato a chiedersi se i cosiddetti “rapporti” che aveva con colleghi, collaboratori e superiori fossero veramente “relazioni” degne di questo nome.
O se, al contrario, non erano che meri rapporti disfunzionali e tossici, a cui giocoforza si trovavano costretti a sottostare.
Ma oltre al quando e al come c’è anche chi ha messo in discussione il “cosa”.
Ove per “cosa” intendo proprio quale lavoro svolgi.
Il problema alla base della scelta del lavoro, come anticipavo, dipende essenzialmente dalla scarsa conoscenza che le persone hanno di se stesse.
E non solo.
Anche da una serie di idee sbagliate (tipo il famigerato “posto fisso”) e dal fatto che pochissime persone – attualmente – seguono i propri talenti e le proprie passioni.
C’è il lavoro che ti dà da mangiare, è una cosa noiosa e seria, poi c’è la passione e ciò che ami, ma quello lo devi riservare al tempo libero e, soprattutto, lo devi fare gratis.
Questo, ovviamente non è vero.
Ma finché corri a perdifiato, magari coi paraocchi, e magari trovando i fucili spianati non appena ti fermi…
…beh, reputo a dir poco improbabile che tu possa renderti conto che a farti correre in quel modo siano state, in realtà, una serie di convinzioni limitanti.
Prima di concludere, allora, voglio parlarti proprio di queste famigerate convinzioni.
La “Minaccia”, le Convinzioni e la Paura
Ci sono tre avversari, sul tuo cammino, e sono quelli che ti ho elencato qui sopra.
Per comprendere la minaccia, l’immagine che reputo più efficaci è una delle più classiche: finire sotto a un ponte.
L’immagine di noi stessi, mentre ci avvolgiamo sotto le coperte sul duro selciato di un ponte, nel freddo gelido di qualche metropoli, è ben radicata nell’inconscio di tanti ed è, appunto, da essa che nasce la paura.
Dalla paura di finire sotto al viadotto, a sua volta, nasce il compromesso, ovvero, ciò che spinge ad accettare qualcosa che non ci piace.
Elvio, ma stai usando la prima persona plurale, vuol dire che ci sei cascato anche tu!
Dove sono cascato?
Sotto al ponte? ?
Scherzi a parte, certo che ci sono cascato. A piè pari.
Mi sono laureato e mi sono “ritrovato” (virgolettato perché, sia chiaro, l’avevo scelto io) a lavorare in un ufficio.
Solo che l’ufficio, scritto in grassetto per evidenziare l’incompatibilità genetica tra il sottoscritto e quel tipo di “territorio”, non faceva per me.
Se avevo accettato il compromesso era stato a causa della paura, la quale era nata dalla “minaccia”, la quale – a sua volta – era nata dalle convinzioni limitanti che avevo in testa.
In testa e non nel cuore, sia chiaro.
Perché nel cuore, spesso – anzi sempre – c’è la nostra verità.
La verità ha a che fare col fatto che esiste un talento, in ognuno di noi, che aspetta di essere espresso.
La verità ha a che fare anche col fatto che non è vero che, tale talento, possa essere espresso solo nel “tempo libero” o come “hobby”.
E la verità, infine, ha anche a che fare col fatto che non è vero neppure che il talento, l’abilità, ciò che fai con piacere e amore, tu lo debba fare gratis.
Quest’ultima, ahimè, è la madre di tutte le convinzioni limitanti, e anche se non sei pronto a trasformarla, puoi comunque osservarla, rimanere vigile quando, in te o negli altri, vedi manifestarsi un simile pensiero.
Metterlo in discussione è già l’inizio di un grande cambiamento.
✨ E tu, caro amico o amica che mi stai leggerndo, ti sei rivisto, in tutto o in parte, in una delle situazioni che ho descritto?
Se sì, quale?
Ti trovi in un processo di cambiamento o ne sentiresti la necessità?
Mi piacerebbe che da questo Spiraglio nasccesse un bel confronto, dunque, o qui sul blog o su Facebook, se ti va, puoi lasciare la tua testimonianza con un bel commento.
E se vuoi proseguire la lettura sul blog, ecco uno spiraglio in tema:
Come cambiare lavoro: 3 ingredienti per la ricetta del Cambiamento
Un abbraccio pieno di Spiragli di Luce
Elvio
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