Cari amici e care amiche,
questa settimana sono tornato in Sicilia e, per la prima volta, sono qui insieme a mia mamma. Oggi siamo andati a visitare lo splendido Palazzo Reale di Palermo, ieri siamo entrati nella meravigliosa cattedrale cittadina e stamattina abbiamo fatto colazione con un bel cannolo ??
Insomma, come potrete immaginare, ho “staccato” per qualche giorno, ma non intendo comunque lasciarvi senza il classico Spiraglio settimanale. Ed ho pensato fosse una buona idea riprendere un discorso che avevamo affrontato, qualche tempo fa, sulla pagina Facebook del blog.
Ti lascio, qui sotto, uno scatto della cattedrale e, poi, passiamo subito alla riflessione
Durante questi meravigliosi anni di ricerca, colmi di esperienze e di incontri, mi è capitato più volte di sentir pronunciare frasi quali…
Non posso dedicarmi a realizzare i miei sogni, perché c’è una persona che ha bisogno di me…
Oppure…
Vorrei tanti iniziare questo nuovo progetto in cui credo, ma non posso perché devo stare vicino a…
Desidero andare dritto al punto, ricordando che quando si fanno affermazioni come queste, il rischio di prendere in giro se stessi è enorme.
Perché, spesso, il reale motivo per cui non vogliamo realizzare qualcosa a cui aspiriamo, risiede nelle nostre insicurezze, nelle nostre paure o nel timore di non meritarlo.
Se diciamo che non lo stiamo facendo per “il bene di qualcun altro”, stiamo dando motivazione falsamente altruistica, una risposta di comodo che sappiamo essere più accettabile socialmente.
Insomma, in tal modo, ci collochiamo – apparentemente – come i “buoni samaritani” o le “crocerossine” che si prendono cura di chi ha bisogno; ma ciò è vero solo in apparenza.
I veri interessi che tuteliamo, comportandoci così, sono – in realtà – quelli del nostro ego, in quanto esso teme i cambiamenti: metterci in cammino per realizzare i nostri veri propositi, significherebbe metterci in discussione, e non tutti sono pronti a farlo.
Schierandoci dalla parte dei “buoni”, inoltre, evitiamo il sicuro insorgere dei sensi di colpa, anch’essi ben più impegnativi da affrontare. Insomma, più che un “aiuto” vero e proprio, ha tutta l’aria di una fuga.
Si potrebbe obiettare che, comunque sia, questa scelta, seppure “infarcita” di bassa consapevolezza, auto-inganno e narrazione opportunistica, abbia come effetto pratico, in definitiva, quello di far star bene l’altro.
Ma anche questo, ahimè, non è affatto vero.
È molto più probabile il contrario, ovvero, che comportandoci così finiremo, in qualche modo, per fare del male all’altra persona.
Il “male”, in casi come questo, consiste in un legame, una dipendenza.
Chi evita di inseguire la propria felicità per “stare vicino a chi ha bisogno”, lega l’altra persona a sé, e la rende dipendente.
Leggi anche: “Libertà dai legami – Come guarire attraverso le relazioni”
Il “contratto occulto” che viene stipulato suona, più o meno, così: “io rinuncio alla mia felicità ma tu, in cambio, mi devi promettere di continuare ad esigere che io ti stia vicino, affinché io mi possa sentire buono e non debba mettermi in discussione“.
Insomma, si tratta di una sorta di “tagliola psichica”, che quando scatta rende le due persone prigioniere l’una dell’altra.
E ci crederesti se io ti dicessi che chi si “sacrifica” rinunciando alla propria felicità per un altro, prima o poi, non mancherà di rinfacciarglielo o di chiedere qualcosa in cambio?
Ti è mai capitato di osservare una situazione come questa? Non rispondere subito: ti invito a rifletterci con calma.
I legami caratterizzati da questo tipo di dipendenza, non sono facilmente riconoscibili. Ti esporrò subito il perché ma, prima, ti chiedo un piccolo favore. Ti andrebbe di lasciare un “like” sulla pagina di Spiragli di Luce? ✨ Aiuti il blog a crescere e non solo: rimarrai in contatto con nuove pubblicazioni evolutive! ✨
Le persone coinvolte, infatti, si calano con grande credibilità nel proprio ruolo, e giungono persino a non sospettare di averne uno. Tutto avviene a livello incosciente e l’occhio esterno, poco allenato, finirà per credere alla rappresentazione che essi mettono in atto sullo scenario della vita.
Ma non appena lo sguardo, diviene sveglio e cosciente, la finzione cessa e la verità viene impietosamente a galla: ciò che si vede, a quel punto, sono due persone bisognose, poco o per niente autonome, entrambe attaccate a zone di confort che non abbandonerebbero per nulla al mondo.
Un chiarimento: toccando questo argomento, è facile che la mente si diriga all’anziano che ha bisogno di assistenza, al genitore che non riesce ad alzarsi dal letto ed ha bisogno del proprio figlio e così via.
Anche riguardo a tali situazioni ci sarebbe tanto da dire (magari lo faremo in futuro), ma ti posso assicurare che ciò avviene anche in casi molto meno “estremi”: succede, ad esempio, tra amici ed anche tra giovani fidanzati, quando uno dei due dice, ad esempio che “non può lasciare l’altro perché lo farebbe soffrire“.
E quindi? Perché gli vuoi negare la sana esperienza della sofferenza, attraverso la quale potrà comprendere il valore e le conseguenze dell’amore?
Inoltre: ha senso stare insieme a qualcuno che non si ama più? Ci si sta, dunque, per pietà? Perché si ritiene l’altro talmente incapace a far fronte a un dolore da cui qualche miliardo di persone sono già passate? Personalmente, non vorrei mai essere oggetto di una tale “compassione”.
Ma credo che, giunti a questo punto, sia il caso di parlare di una possibile soluzione?✨
Pertanto, ti chiedo: cosa possiamo fare se ci troviamo coinvolti in situazioni come queste?
Ebbene, l’idea che ci può ispirare, a mio parere, è di segno diametralmente opposto, e consiste nel prendere coscienza che il nostro atto di “disobbedienza”, e quindi il rifiuto del ruolo di “aiutante/terapeuta”, oltre ad aiutare noi stessi, libererà anche l’altra persona.
Dovremmo tornare a leggere quella bella poesia di Marianne Williamson e, in particolare, quella frase che recita:
“quando ci liberiamo delle nostre paure, la nostra presenza libera gli altri”.
Ma perché?
Perché solo in apparenza l’altro è stato “lasciato solo”.
Guardando le cose da un’altra prospettiva, gli è stata offerta su un piatto d’argento una possibilità unica: avere a che fare con una persona che ha scelto di essere felice. E questo esempio può essere raccolto e ispirare a fare altrettanto.
Si recide un legame di dipendenza e lo si sostituisce con uno degli esempi più luminosi che possano esistere: la ricerca della felicità.
A quel punto, l’altro, ispirato dall’esempio, può scegliere se essere felice a sua volta.
Non è detto che ce la faccia ma, così facendo, per lo meno, la possibilità, gli è stata offerta. Ed è una possibilità impagabile.
So che questo Spiraglio non è stato totalmente sereno, gioioso ed entusiasta come tanti altri a cui sei abituato, ma è una riflessione che, nel suo essere “scomoda” (e sicuramente lo è!), e nell’enorme energia creativa che può liberare, ti assicuro, può condurti alla gioia…più di mille altre ?
Con questo, per oggi è tutto. Ora vado, perché mia mamma mi aspetta (e, magari, chissà, anche una altro cannolo ?) ma, prima di salutarci, mi raccomando…non lasciarti scappare nessuna occasione per essere felice!
Se vuoi proseguire la lettura sul blog, ecco un post che potrebbe fare al caso tuo:
Il treno che passa una volta sola, non smette mai di passare
E se questo Spiraglio ti è piaciuto, come sempre, lo puoi condividere usando i pulsanti qui sotto.
E quando si aiuta economicamente la propria famiglia e non ci si può permettere nulla tu anche questa è una scusa?
È difficile rispondere senza conoscere la situazione che descrivi Mary…ma mi viene da dire che probabilmente anche in quel caso è così. Difatti, se “non ci si può permettere nulla”, questo indica un disequilibrio. Se si dà, in parte, o saltuariamente qualcosa alla famiglia e si tiene il resto per sé…ecco, in quel caso c’è già più equilibrio e meno “alibi” raccontati