Una delle pratiche più belle dello sciamanesimo è la “ritualizzazione”, elemento ormai quasi estinto in Occidente. Scrivo questo post per fornire suggerimenti a chi volesse portare questa bellissima pratica nella vita di tutti i giorni
Partiamo dal principio. Cosa significa ritualizzazione?
Non credo di essere in grado di dare una definizione, quindi mi limiterò a raccontare come sono venuto a conoscenza di questo termine.
Quando ho frequentato il corso di permacultura, ogni nuovo giorno, prima di iniziare le attività, ci riunivamo in cerchio, poi partivano i giochi di gruppo: era il nostro rituale per iniziare la giornata.
Questa forma rituale veniva poi ripetuta – sempre in cerchio – prima e dopo ogni nuovo lavoro.
Se, ad esempio, c’era da costruire un orto, ciascuno esprimeva un personale auspicio; c’era, magari, chi diceva: “oggi vorrei imparare a mettermi maggiormente in ascolto” – oppure – “oggi vorrei riuscire a sentirmi in armonia con i miei compagni”.
Nel cerchio finale si condivideva la propria esperienza, e ognuno auto-valutava il proprio operato, rispetto a ciò che si era prefissato.
Non essendoci abituato, inizialmente, mi sembrava una pratica bizzarra, ma dopo qualche giorno, iniziai a sentirne gli influssi positivi. E ci credo!
Mi trovavo di fronte a un tipico esempio di ritualizzazione.
Questa forma rituale di agire l’ho trovata così appropriata al mio modo di essere che, finito il corso, l’ho portata nel mio quotidiano. Oggi te ne voglio parlare affinché, se la sentirai risuonare col tuo modo di essere, tu possa fare altrettanto.
Il Rito come Azione Magica
È stato grazie ai miei amici colombiani appassionati di culture ancestrali che ho scoperto quanto sia potente portare la ritualizzazione anche nella mia quotidianità.
Essa si basa, in effetti, su atti molto belli e allo stesso tempo semplici:
- ringraziare
- benedire
- chiedere permesso prima di agire
- esprimere gratitudine
- predisporsi a dare e a ricevere
Una cara amica, attrice, mi disse che nella sua compagnia teatrale, a Bogotà, lo facevano prima di ogni prova.
“Wow!” – pensai – “Che meraviglia! Quanto sarebbe bello farlo anche in Italia!“
Ed è stato così che ho iniziato a riflettere se, qui nel nostro paese, esistesse qualcosa di simile. E dopo aver frugato un po’ nei meandri dei miei ricordi, i primi esempi di ritualizzazione hanno iniziato ad apparire.
Se ci rifletti, durante la messa c’è sempre una formula di inizio ed una di fine: “la messa è finita, andate in pace” – augurio – e: “rendiamo grazie a Dio” – ringraziamento.
E lo stesso segno della croce è una formula rituale che varca spesso le soglie delle chiese: persino alcuni sportivi, se ci pensi, lo fanno prima delle gare.
Il mondo dello sport è un ottimo esempio per trovare pratiche ritualistiche.
Quando giocavo a basket eravamo soliti radunarci in cerchio (simbolo ancestrale) per mettere le mani le une sulle altre e, insieme (essere una cosa sola, agire in una sola direzione) lanciare un urlo prima di scendere in campo.
Ed anche le lezioni di arti marziali iniziano e finiscono con un saluto.
Nella mia scuola di kung fu, ad esempio, c’è l’uso di salutare l’aula; non è consentito entrare o uscire senza compiere questo gesto. Quello spazio, infatti, ha una sua sacralità e possiede una propria saggezza a cui ogni allievo manifesta gratitudine, riconoscendo l’autorità di chi ha studiato, negli anni, tra quelle mura.
Pensa, poi, a tutte le forme di augurio: dalla parola stessa, “auguri”, alla variante “in bocca al lupo” (e risposte: “crepi il lupo” secondo i conservatori, “viva il lupo” secondo gli “innovatori”) fino ai gesti del brindare, celebrare le ricorrenze, indossare un certo abito ad una cerimonia o tirare il riso ai matrimoni (cibo = abbondanza).
Come vedi, mio caro lettore o lettrice, gli esempi non mancano. Ciò nonostante, non posso fare a meno di domandarmi quanto segue.
Esiste ancora il rito in Occidente?
Gli esempi che ho portato farebbero pensare di si, ma a mio parere le forme rituali, più che essere vive tendono a sopravvivere.
Esse, in certi casi, sono associate al mondo cattolico – in cui non tutti si riconoscono – e una pratica semplice come benedire il cibo (a mio avviso, semplicemente…meravigliosa) anziché essere accolta con entusiasmo, rischia di far storcere il naso a chi non è abituato a farla.
Ed è così che le persone crescono e “maturano” (o, meglio, si suppone che lo facciano) senza che nessun rituale accompagni i passaggi della vita.
Ti farò un esempio personale e intimo, per rendere l’idea di cosa intendo. Quando ebbi le mie prime polluzioni notturne, non lo raccontai a nessuno.
Solo dopo un bel po’ di tempo, ne parlai ai miei compagni di scuola, i quali, nel migliore dei casi, non seppero cosa dirmi, e nel peggiore mi presero in giro.
Perché l’argomento, a quanto pare, era, una sorta di tabù: dunque, ci comportavamo come il classico cieco che guida ad un altro cieco.
Anni dopo, parlandone con amici più fidati, scoprii che a nessuno di loro era stato offerto un supporto e, al limite, qualche vaga spiegazione su ciò che sta accadendo.
E se questo è quanto accadeva a noi maschi, le femmine non se la passavano meglio.
Vogliamo parlare, infatti, della prima mestruazione?
L’ingresso nell’età adulta e la meravigliosa possibilità di procreare e dare la vita diventa un fatto da occultare quando non, nei casi peggiori, di cui vergognarsi.
Non c’è da stupirsi se, poi, sul sesso si creano sensi di colpa, frustrazioni, desideri incompiuti, sogni infranti, ecc. come potrebbe essere diversamente?
E anche l’inizio di una nuova relazione, spesso, viene vissuto in modo incosciente: a chi non è capitato, magari da adolescenti, di darsi il primo bacio dopo una serata di festa, e magari aiutati dall’ebrezza dell’alcol consumato?
Come proseguirà una relazione fatta in quel modo?
Questa domanda potrebbe apparire curiosa ma, se la pongo, è perché ogni inizio possiede un potere particolare. Non è un caso che – come ti ho detto – i rituali coincidano in genere col principio e con la fine di un ciclo. Ritualizzare i momenti di passaggio, a partire dal menarca, fino all’inizio di un rapporto, aiuta a vivere meglio ciò che verrà.
Leggi anche: “Il rituale perduto del Menarca – La prima mestruazione”
Un mondo diverso

Sogno un mondo diverso.
Sogno e voglio un mondo in cui i giovani non entrino nell’età adulta accompagnati dalla vergogna, ma dalla Gioia. Per i miei figli voglio una festa che celebri il loro ingresso nella fertilità!
Ogni inizio va celebrato: della giornata, del pasto, di una prova, di un concerto, di una riunione.
Ti assicuro, infatti, che ritualizzare l’inizio di una riunione, dimezzerebbe all’istante la possibilità che nascano conflitti.
Te la immagini una riunione di condominio in cui, prima di iniziare, l’amministratore dice ai condomini di prendersi per mano per benedire i frutti materiali e immateriali di quell’incontro? Fa ridere vero? Sembra una cosa ridicola o fantascientica…
…eppure ti dico che i tempi in cui queste cose inizieranno ad accadere non sono lontani.
E se ti sembrasse fantascienza…beh…ti ricordo che anche un antico romano e persino un americano del 1800 ritenevano utopia un mondo privo di schiavitù.
Pertanto, sogno un mondo che recuperi l’importanza del rituale. Nel mio piccolo mondo, il rituale possiede già una sua importanza.
In occasione dei miei viaggi, prima di partire mi raccolgo e medito. Mi connetto e chiedo abbondanza e protezione per l’esperienza che mi preparo ad affrontare.
Metti da parte la frenesia: i minuti che ti sembrano “persi” a fare tutto questo, sono in realtà un grandissimo dono che ti permetterà di vivere un’esperienza più gioiosa.
Ritualizzare rompe gli schemi.
Sei in ritardo? Non importa, ritualizzi. Se ti abitui a farlo, quella diventa la tua priorità. Ti fa capire che tante delle cose che facevi e a cui correvi dietro erano superflue.
Se ritualizzi prima di mangiare, ad esempio, dopo un po’ comprendi che mangiare in fretta, magari per correre in ufficio e fare “bella figura” è un comportamento privo di senso. Le cose si capovolgono: lo scopo non è più rientrare al lavoro bensì mangiare col tempo e col rispetto che quel cibo (sostanze vive sacrificate per farti vivere) merita e rispetta.
La ritualizzazione, fatta con coscienza, ti permette di conoscerti.
Conoscendo ciò che fai, conosci ciò che sei. Dunque, provaci. E se per caso ti vergogni a farlo di fronte agli altri, inizia a farlo in cuor tuo. Piano, piano, la convinzione per proporlo agli altri arriva. E gli altri, te lo assicuro, accetteranno. Tutti ne abbiamo bisogno.
Farlo giorno dopo giorno ne fa percepire la bellezza e l’armonia. Dopo, condividerlo con gli altri, diventa naturale.
Come puoi vedere lo sciamanesimo non corrisponde alle narrazione favolistica che le persone possiedono di esso.
Sciamanesimo non significa necessariamente ballare nudi intorno al fuoco, percuotere un tamburo o consumare il Peyote o l’Ayahuasca. Sono aspetti che possono essere presenti, ovviamente, ma per te, lettore e lettrice italiano, incarnato in questa parte del pianeta, è un’ottima idea partire dalle piccole cose.
Che sono poi piccole, grandi, cose.
Comincia con dire ti voglio bene ai tuoi genitori, soprattutto se non glielo hai mai detto. Inserisci un nuovo rituale nella routine della tua vita. Inventalo. Non lasciare che la fretta e il materialismo ti impediscano di vedere la profondità dell’esistenza, precludendone la bellezza.
Ma non potrei concludere senza…il mio rituale di condivisione – lo ammetto, molto tipico del mondo del web – che consiste nell’invitarti, se già non la conosci, sulla pagina Facebook di Spiragli di Luce. Ti basta lasciare un like qui sotto:
Troverai riflessioni e racconti evolutivi, proprio come questo, ogni nuovo giorno ?
E se vuoi sapere di più su questo argomento, la lettura che ti suggerisco è:
Chiudere i cicli e lasciar andare ci insegna a Vivere
Arrivederci al prossimo spiraglio

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