Un saluto di cuore e bentornati, mi auguro che abbiate passato delle buone feste e che l’anno sia iniziato nel migliore dei modi.
Innanzitutto mi scuso per questa assenza di due settimane. Prima di scrivere cerco sempre di ricordare per non lasciare indietro nulla : guardo le foto, ascolto le canzoni, poi metto tutto da parte e chiudo gli occhi. Con gli occhi chiusi cerco di riportarmi là, rivivendo persino le sensazioni più intime, i desideri, il vento sulla pelle, faccio qualcosa di simile a quella che Stanislavskij chiamava riviviscenza, per far sì che nessun dettaglio vada perduto. Stavolta gli eventi erano così numerosi, densi e aggrovigliati nella mia testa che il tentativo di sbrogliarli ha richiesto ben due settimane. Ma quel che importa, mi auguro, è che ora siamo qua, quindi via col racconto!
Santa Marta è una città di mezzo milione di abitanti che si affaccia sul Mar dei Caraibi, ha una temperatura di circa trenta gradi…perenne! (ho già detto che in Colombia non esistono le stagioni, vero?) Insomma, se qualcuno desiderasse vivere al caldo Santa Marta è il posto giusto. È tra l’altro la città più antica del paese e quella in cui morì Simon Bolivar. L’ostello che avevamo prenotato si chiamava The Dreamer, ci era giunta voce che il proprietario fosse italiano e questo mi aveva incuriosito. Lui era riuscito a vivere lì, pensavo : ce l’avrei fatta anch’io?
Ero affascinato dall’idea di vivere dall’altra parte del mondo, mi affascinava l’idea di un luogo esotico dove è sempre estate e puoi fare il bagno 365 giorni all’anno. Può darsi che il fascino fosse accresciuto dal dover rientrare in Italia dopo due settimane, dal fatto che quelli mi sembrano sogni, qualcosa di semplicemente impossibile. E invece, contro ogni previsione, rimasi in Colombia altri nove mesi. Ora posso affermare che andarsene e “rifarsi una vita” è possibile. Che poi sia un bene, non lo so. Non dico di no, ma credo che bisogna fare attenzione a non innamorarsi di qualcosa (qualunque cosa) solo perché pensiamo di non poter averla. Io mi limito a dire quello che nove mesi di sud America mi hanno insegnato: niente è impossibile, se lo desideriamo per davvero.
Ma torniamo coi piedi per terra. Precisamente torniamo ai piedi per terra miei e della mia ragazza, in marcia verso il supermercato per procacciarci del buon cibo. Quel primo giorno a Santa Marta decisi di esprimermi culinariamente e preparai gnocchi gorgonzola e noci. Gli gnocchi li feci con la Yuca che, per chi non l’avesse mai vista, è un tubero fatto più o meno così :
Chi ha letto i precedenti spiragli sa quanto già a Villa de Leyva prima e San Gil poi avessi fatto di tutto per trovare una moto. Non mi ero dato per vinto ma devo ammettere che ero ormai un po’ scoraggiato. E invece, grazie a un colpo di genio della mia ragazza, che scrisse un annuncio su Couchsurfing, finalmente ne trovammo una. Rispose un ragazzo, lo incontrammo, due chiacchiere, due birre e poi, signori e signore (do sempre un nome alle moto) in onore della città che ci ospitava, vi presento Marta
Come resistere? La mattina dopo partimmo per Palomino percorrendo la lunga strada che, attraverso la regione del Magdalena e della Guajira, porta al Venezuela. La strada è a dir poco stupenda : sulla sinistra il Mar dei Caraibi e sulla destra le vette della Sierra Nevada de Santa Marta. Questa regione, ancora piuttosto arretrata, sta sconfiggendo due mali che da decenni la affliggono: la guerriglia e il para-militarismo. Anche se il problema non è ancora del tutto debellato (proprio in quei giorni avevano sequestrato due spagnoli), bisogna dire che questi episodi sono ormai rari e praticamente impossibili se si viaggia seguendo le strade principali. Comunque sia, a noi non solo non ci sequestrò nessuno, ma anzi la passammo veramente bene. La strada per Palomino era lunga e bellissima e la velocità ridotta di Marta (che era una 125 non esattamente aitante…) ci permise di assaporare paesaggi, colori e sapori. E per assaporarli meglio, perché non fare una sosta qui?
Avreste resistito alla tentazione di comprarla? Io no. Proseguimmo poi per Buritaca (impossibile resistere pure alla tentazione di un bel bagno nelle fresche acque del fiume) e finalmente raggiungemmo Palomino, la perla della Guajira. Arrivammo a ora di pranzo e rimanemmo fino al tramonto. C’era una bellissima atmosfera romantica che pervadeva tutto. Nonostante lo sviluppo veloce del turismo, Palomino è pur sempre ancora un piccolo paese costiero, in una zona piuttosto povera, con molta natura, tanto silenzio, persone gentilissime e paesaggi indimenticabili. Ed ecco la spiaggia…
Ma è possibile per un italiano vivere in un posto così? Questa domanda continuava a frullarmi in testa. Probabilmente si, ma sarebbe stato possibile per me? Avrei cioè rinunciato a tutto ciò che avevo in Italia per trasferirmi in un posto, seppur incantevole, però così lontano?
Avevo bisogno di vedere altri italiani, capire se si erano ambientati, se avevano rimpianti, cosa facevano per vivere. Quindi la sera, rientrati a Santa Marta, andammo alla ricerca di un ristorante italiano di cui ci avevano parlato, in zona Rodadero. Una volta arrivati, cosa ci troviamo di fronte? Un ristorante sardo in piena Colombia : l’Isola Sarda. Appena entrati uno dei proprietari, Matteo, dopo avermi lanciato un’occhiata indagatrice mi apostrofa così : tu per caso hai suonato in un tributo a De Andrè a Bologna il 25 aprile?
Rimasi sbigottito : ero in Colombia e mi stavano chiedendo se avevo suonato a Bologna. E il punto è che si, il 25 aprile di quell’anno avevo suonato a proprio a Bologna in un tributo a Fabrizio De André. Matteo, tra tutti i posti in cui si poteva trovare nel mondo, si trovava proprio in Italia, in quella città, in quel locale e all’ora del mio concerto. . Sarà una coincidenza? Esistono le coincidenze? Comunque sia, ottima cena. Per chi ha in programma un viaggio nel Caribe colombiano : non perdetevi Isola Sarda. Elio, lo chef, saprà accontentare i vostri palati per quanto esigenti essi siano. Del resto, di uno che prepara gnocchi di yuca fatti a mano vi potrete fidare…o no? La serata terminò sotto una palma bevendo un mojito nella tranquillità più totale. Rientrati all’ostello però, trovammo una brutta sorpresa : per non aver prenotato la notte successiva avevano preso le nostre cose, le avevano accatastate in due sacchi neri e dato la nostra stanza a due turisti. Per fortuna il ragazzo della reception ci trovò un altro tetto da mettere sopra le nostre teste, quello del mitico Drop Bear Hostel.
Il Drop Bear Hostel (nella foto qui sopra) si trova in una casa di ex trafficanti di droga poi adibita a ostello: impossibile non pensare a Libera, l’associazione che da anni riutilizza beni sequestrati alle mafie. Italia e Colombia sono due paesi lontani, ma è innegabile che nel bene e nel male, abbiamo delle cose in comune.
Quella notte prima di dormire ripensai al viaggio di ritorno da Palomino : se c’è una cosa più bella di andare in moto, è andare in moto di notte. E se ce n’è un’altra ancora più bella di andare in moto di notte, è andare in moto di notte in Colombia, con la luna che si specchia nel mare e l’aria tiepida della sera che ti accarezza il viso. Mentre i fari fendevano l’oscurità, la mia ragazza mi disse di aver visto la faccia di un indigeno dentro la luna. Mi colpì molto perchè io sono una persona affascinata dal mistero, dall’irrazionale, ma lei è l’esatto contrario : razionale, scettica, coi piedi per terra. Eppure disse proprio così : un volto indigeno nella luna. Chissà come sarà stato, sarebbe piaciuto anche a me vederlo. Ci sono volte in cui ripenso con tristezza a quel momento, mi piacerebbe tornare indietro e poterlo rivivere, tornare alla magia di quei momenti, quando ancora stavamo insieme. La nostra è stata una storia intensa e bellissima, difficile e splendida, vissuta in un periodo in cui la mia vita è stata attraversata da vere e proprie scosse di terremoto emozionale, avvenimenti che hanno stravolto forse per sempre il mio modo di vedere la realtà. Fino a qualche tempo fa mi prendeva una tristezza lancinante quando pensavo alla fine della nostra storia, ma adesso questo sentimento cupo si è trasformato in qualcosa di diverso. Ora, quando ci penso ha più la forma di una nostalgia, infinita ma dolce e per niente sgradevole. Soffriamo tanto per amore, io ho sofferto per amore più che per ogni altra ragione. Ma la “fine” di questa storia mi ha insegnato qualcosa di nuovo, sento le cose in modo nuovo e metto la parole “fine” tra virgolette perché so che nulla può finire veramente. Ci sentiamo ancora, siamo amici, ci stimiamo e ci vogliamo bene. Nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma, perché l’amore dovrebbe fare eccezione? L’amore è la forma più raffinata e poderosa di energia, non fa per nulla eccezione, anzi, la sua trasformazione non può essere che un dono. Quindi bando alla tristezza! Negli spiragli non c’è tempo né spazio per la tristezza. Ci sono ancora troppe avventure da raccontare, come la quarta parte di questo viaggio, in cui andremo in due dei luoghi più belli mai visti in vita mia : la Sierra Nevada de Santa Marta e l’incredibile Parque Nacional Tayrona.
E con questo sole che si accinge a tramontare su Palomino, vi mando un arrivederci al prossimo spiraglio.
Se questo post ti è piaciuto, dagli un mi piace!
E se ti trovi in Colombia…ecco il link per prenotare al Drop Bear!
Prosegui la lettura col prossimo (ed ultimo) racconto: La lunga strada verso i Caraibi (Quarta ed ultima puntata)
L’ha ribloggato su Sobre o Ambientee ha commentato:
A alegria italiana é contagiante…
E’ sim! Tem tambèm quem tem sorte, e è italiana por metade brasileira!! 🙂
Obrigado Ricardo! Infelizmente no existe uma versão em português de este blog….mas existe uma espanhol! http://reflejosdeluz.org/
Rimasi sbigottito : ero in Colombia e mi stavano chiedendo se avevo suonato a Bologna. E il punto è che si, il 25 aprile di quell’anno avevo suonato a proprio a Bologna in un tributo a Fabrizio De André. Matteo, tra tutti i posti in cui si poteva trovare nel mondo, si trovava proprio in Italia, in quella città, in quel locale e all’ora del mio concerto. . Sarà una coincidenza? Esistono le coincidenze?
Io sono giunta alla conclusione che non si tratta di coincidenza, anche a noi viaggiando in Brasile sono accadute un paio di cose simili a questo incontro che descrivi, cose che annullano ogni spazio temporale e non sono incontri che si fanno per caso.
Per quanto riguarda l’amore io credo che era vero è una cosa che continua quasi per sempre.
poi c’è il famoso discorso dei punti che si uniscono fatto da Steve Jobs, un punto qui uno là e lì per lì non capisci cosa servono poi alla fine si uniscono insieme e ne viene fuori un formidabile disegno!
Ciao